La Pala di Santa Barbara all’Annunziata nella Galleria dell'Accademia
Intorno al 1440 Il cospicuo numero di stranieri provenienti dalle Fiandre e dal Brabante che a Firenze era chiamato dei ‘tedeschi’, riunì dapprima i soldati al servizio della Repubblica e poi gli artigiani e i tessitori oltremontani impiegati nelle corporazioni cittadine. Questi, lontani dalla patria e uniti come ceto sociale, ben presto si impegnarono a restare in contatto gli uni con gli altri e a ritrovarsi presso una cappella per il culto votivo. La loro società detta ‘Compagnia di Sancta Barbera’ fece riferimento alla chiesa dei Padri Servi di Maria della Santissima Annunziata. In una convenzione redatta nel 1448 i Padri concessero loro l’uso di una cappella fin quando non edificavano una propria. La nuova costruzione iniziò nel 1448 e terminò nel 1451. Nel 1452 fu donata dai Padri ai ‘tedeschi’ con le sue adiacenze e le pertinenze con una tavola di Santa Barbara. Questa deteriorata e poco adatta ai nuovi ambienti fu sostituita nel 1469 da una grande opera d’arte visiva commissionata a Cosimo Rosselli (1439-1507) consistente in una pittura a tempera di cm 204x207 con le figure a grandezza naturale che sono ancora oggi ben conservate nel disegno e nei colori.
Al centro: è presente la figura di Santa Barbara con forme giovani e sottili, la testa ovale e i capelli divisi che le scendono ai lati della testa, del collo e sulle spalle. Indossa la veste da principessa, secondo l’iconografia comune, e un pesante e solenne manto azzurro. Nella mano destra col braccio piegato tiene la palma del martirio che avvenne per decapitazione il 306 d.C.. Col braccio sinistro abbassato regge la torre nella quale fu imprigionata dal padre Dioscuro per sottrarla ai pretendenti al matrimonio. Le tre finestre significano la Santissima Trinità. Ai suoi piedi giace un cavaliere bruno e barbuto, con un accenno di corona e l’armatura dalle spalline a testa di leone, che raffigura Dioscuro, che l’aveva imprigionata e decapitata, ucciso e gettato a terra da un fulmine. L’uomo, che sembra proprio colpito improvvisamente, giace scomposto, sporge in avanti la testa, tenendo piegate le braccia e le gambe, è dipinto in prospettiva.
A sinistra: è presente la figura di San Giovanni Battista che vuole significare l’ambito di Firenze, essendone il patrono, ed insieme evocare l’episodio in cui Barbara, che era sola in prigione, tramite una visione ricevette da lui il battesimo come cristiana. Il santo è di faccia, il volto scavato dalla penitenza, scalzo e vestito di pelli secondo la rappresentazione comune e con un ampio mantello color paonazzo. Tiene nella mano sinistra l’asta della croce appoggiata sul pavimento ed il rotolo in parte aperto con le note parole ‘ecce agnus dei’. Coll’indice della mano destra mostra la santa allo spettatore e forse, implicitamente, ne conferma il culto a Firenze.
A destra: è presente la figura di San Matteo avvolto in ampie vesti verdi e rosse con la mano sinistra abbassata a reggere il libro chiuso del Vangelo e con la mano destra appoggiata sopra a tenere lo stilo; ha lo sguardo in avanti verso l’esterno. La sua presenza nella pala non è giustificata da alcun motivo iconografico evidente, si può supporre che sia stato un omaggio al frate, teologo dei Servi di Maria, Matteo di Piero deceduto nel 1458 conoscitore del greco, dell’ebraico e del siriaco, nonché confessore di papa Martino V e vescovo di Cortona fino al 1455.
Dietro al gruppo: si trova un seggio con gradini e nicchia sostenuta da colonnette che terminano a cornice. Ai lati come un lungo sedile di marmo con alto dorsale fatto tutto a riquadri e sormontato da cornice. Sul sedile, in piedi, due angeli, uno per parte, quasi di profilo, guardano all’esterno della tavola e tengono alzata una tenda come un sipario a svelare la scena. Nello sfondo lontano appaiono un boschetto verde pieno di fiori e il cielo azzurro di particolare limpidezza.
L’iscrizione della pala recita: ‘barbara diva tibi tabvlam sanctissima cetvus thevtonicvs posvit qvi tva festa colit’: a te Santa Barbara santissima il ceto dei tedeschi pose la tavola volendo onorarti nella tua festa.
storia
La pala del Rosselli lasciò l’altare della cappella verso il 1740 per importanti restauri e fece posto alla tela di Santa Barbara più piccola e di diverso stile dipinta dal pittore fiammingo Giuseppe Grisoni. Nel 1785, quando la compagnia entrò nel novero di quelle soppresse dal granduca Pietro Leopoldo, la pala finì nel monastero di San Niccolò di Cafaggio ora Galleria dell’Accademia in via Ricasoli 58/60 dove si trova al piano terreno in sala III.
La Cappella di Santa Barbara nella Basilica della Santissima Annunziata
Si trova a destra della crociera. Fino a poco tempo fa era chiamata Cappella degli Sposi. Qui insistono: sul pavimento una lapide sul pavimento a ricordo della Compagnia dei Tedeschi e dei Fiamminghi e un’altra lapide in graffito che ricorda Arrigo Brunik, l’artista tedesco che sbalzò in argento il paliotto dell’altare maggiore. Sul pilastro di sinistra, in alto, è il ritratto in marmo del pittore belga Giovanni Stradano. Sull’altare il quadro di Santa Barbara che fu dipinto Pierre Joseph Grisoni (Mons 1699 - Roma 1769) pittore fiammingo del periodo rococò molto attivo in Toscana.
'L'affresco' nella pieve di Sant'Andrea a Cercina di Sesto Fiorentino.
Risalente al 880 e anticamente denominata Santa Gerusalemme, fu di patronato dei Catellini da Castiglione, che promossero interventi architettonici quali, nel XVI secolo, l’ampliamento dei locali adibiti a residenza del rettore e del pievano, e, nel XV secolo, la sistemazione del chiostro. L’edificio, a tre navate divise da pilastri, è caratterizzato da un elemento particolarmente originale: l’aggetto della cella campanaria rispetto alla canna del campanile. Il portico cinquecentesco crea un ideale raccordo tra la chiesa e la facciata della canonica. Nell’abside destro sono presenti affreschi giovanili del 1471-1472 del ventitreenne pittore indipendente Domenico Ghirlandaio (Santi Girolamo, Barbara e Antonio Abate), nell’abside centrale è il polittico trecentesco del Maestro di San Niccolò; in fondo alla navata sinistra sono presenti affreschi tardo cinquecenteschi.
La piccola abside ha forma semicircolare, con calotta a semi cupola. Lo spazio viene scandito con una finta intelaiatura architettonica di gusto classico, con una cornice a girali su sfondo giallo-oro nel sottarco. In basso si trovano tre specchiature quadrate che imitano i marmi colorati e nel registro mediano, al di sopra di una cornice dipinta, spiccano tre nicchie con santi, intervallate da paraste scanalate con capitelli corinzi e basi dorate. Le nicchie laterali sono dipinte con calotte a conchiglia e fregio a palmette dorate, la cupola ha stelle dorate su sfondo rosso (forse dovuto ad alterazioni cromatiche), con la colomba dello Spirito Santo. Nelle nicchie si trovano: San Girolamo con la veste eremitica e la pietra per percuotersi il petto in segno di penitenza nella mano destra, la sua figura cita il San Giovanni Battista di Domenico Veneziano a Santa Croce (1455); Santa Barbara che tiene in mano un modellino della torre in cui fu rinchiusa, con le tre finestre che essa vi aprì facendone una cappella, in omaggio alla Trinità, ai suoi piedi sta il crudele padre morto fulminato, vestito di un’armatura, le sue mani sporgono illusionisticamente dallo spazio dipinto gettando realistiche ombre sui gradini della modanatura, la posizione centrale e i colori vivaci della veste, armonizzati con quelli della nicchia, danno alla santa una posizione preminente, essa inoltre è l’unica a guardare direttamente lo spettatore; Sant’Antonio Abate con la veste da monaco, il libro e il bastone a forma di T, con lo sguardo si rivolge all’uomo ai piedi della santa trionfante.
I santi sono caratterizzati da una linea di contorno sottile e fluida e una colorazione vivace e armonica, derivata dall’esempio di Domenico Veneziano. Nel San Girolamo soprattutto balenano ricordi dell’attenzione anatomica e della forza plastica di Andrea del Castagno, sebbene l’insieme risulti morbido e con un movimento appena accennato, basato sulla regola del ‘contrapposto’ privo di drammaticità. attento è lo studio della luce, che getta ombre diverse sulle nicchie a seconda della loro posizione. Interessante è poi la ricerca illusionistica di alcuni dettagli che escono dalle nicchie come i piedi sporgenti dei santi laterali o le mani dell’uomo sotto santa Barbara.